“Quasi un anno fa, io e Paul Allen […] abbiamo sviluppato Altair BASIC. […] Il valore del tempo che abbiamo passato al computer è superiore ai 40.000 dollari. Il riscontro che abbiamo ricevuto dalle centinaia di persone che dicono di stare usando BASIC è stato del tutto positivo. Due cose, però, appaiono sorprendentemente chiare. 1) La maggior parte di questi “utenti” non ha mai comprato BASIC. […] 2) La quantità di royalties che abbiamo ricevuto dalle vendite agli hobbisti riduce il valore del tempo speso a creare Altair BASIC a meno di 2 dollari l’ora.”
Il testo che avete appena letto proviene dalla “lettera aperta agli hobbisti”, scritta da Bill Gates il 3 febbraio 1976. In essa, Gates lamenta il fatto che “gli hobbisti”, ovvero il gruppo relativamente ristretto di persone che utilizzavano computer in maniera non professionale nel 1976, “rubano software.” Gates e Paul Allen avevano trascorso l’anno precedente a sviluppare Altair BASIC, un software che permetteva agli utenti di utilizzare BASIC, un linguaggio di programmazione, sul microcomputer Altair 8800, il primo personal computer ad avere un vero successo commerciale (il computer, lungo e profondo circa 40 cm, era ordinabile per posta). I due si erano presto accorti, tuttavia, che il software era divenuto oggetto della pratica estremamente diffusa tra gli hobbisti di condividere gratuitamente i programmi, che potevano essere copiati e condivisi quasi a costo zero. Da qui la lettera, in cui Bill Gates si scaglia contro gli hobbisti accusandoli di derubarlo dei frutti del suo lavoro.
La lettera di Bill Gates sembra una prova schiacciante a favore di un argomento estremamente diffuso sulla protezione della proprietà intellettuale: per usare le parole di Gates, “chi può permettersi di lavorare professionalmente per nulla?”. La proprietà intellettuale è vista come uno strumento fondamentale per tutelare la creatività e favorire l’innovazione: senza di essa, non esisterebbero incentivi a creare o inventare, perché non si avrebbe la certezza di poter beneficiare dei frutti del proprio lavoro (o meglio della sua monetizzazione). Questa argomentazione è abitualmente utilizzata per giustificare l’esistenza di forme di tutela della proprietà intellettuale sulle cose più disparate, dalla musica al software, dalle immagini ai medicinali. Essa è anche alla base del cosiddetto TRIPS Agreement: un accordo internazionale negoziato dai membri della World Trade Organization tra il 1989 e il 1990 che è tutt’oggi l’accordo multilaterale più ampio sulla proprietà intellettuale a livello globale. L’accordo stabilisce gli standard minimi che i governi nazionali devono rispettare per quanto riguarda la tutela della proprietà intellettuale.
Nel 2001, un gruppo di paesi in via di sviluppo produsse una dichiarazione chiamata la Dichiarazione di Doha, in cui si specifica che il TRIPS deve essere interpretato in modo tale da “promuovere l’accesso alle medicine per tutti.” La Dichiarazione di Doha venne adottata alla luce degli effetti deleteri del TRIPS sulla produzione e distribuzione di medicinali nei paesi in via di sviluppo, in particolare nel corso dell’epidemia di AIDS in Africa: i brevetti sui farmaci avevano infatti comportato costi considerevoli per i programmi di salute pubblica adottati nel continente africano per contrastare l’epidemia. Quella riguardante il costo dei medicinali non è l’unica critica che è stata mossa al TRIPS Agreement nel corso del tempo: molti economisti hanno accusato l’accordo di avere facilitato la concentrazione della ricchezza nelle mani dei possessori di brevetti nei paesi sviluppati, esasperando le diseguaglianze a livello globale, e di essere essenzialmente un prodotto delle pressioni delle multinazionali, preoccupate per il declino della competitività dell’Occidente rispetto ai mercati emergenti del Sud globale.
Pur non essendo l’unico aspetto controverso dell’accordo TRIPS, sicuramente la questione dell’accesso alla sanità è il più attuale: essa è infatti tornata al centro del dibattito nel 2020, quando il Sud Africa e l’India hanno proposto alla WTO di fare temporaneamente un’eccezione alle regole per accelerare la produzione di vaccini contro il Covid-19 su scala globale e permettere ai paesi in via di sviluppo di accedere più facilmente ad essi. La proposta, sostenuta da più di 100 paesi nel mondo, è stata rifiutata dai membri del G7; a febbraio 2021, questi ultimi avevano acquistato più di metà delle riserve globali di vaccini, nonostante la loro popolazione sia soltanto il 13% di quella mondiale.
La storia della lettera agli hobbisti non sarebbe completa senza il suo finale. Nel 1980, la IBM si mise in cerca di qualcuno che potesse creare il software per il suo primo personal computer. A quel punto, il linguaggio BASIC sviluppato da Gates e Allen aveva migliaia di utilizzatori; molti di questi erano hobbisti. Senza dubbio, l’abitudine di questi ultimi di “rubare” il software aveva contribuito alla sua diffusione. L’ampio utilizzo di BASIC venne notato da IBM, che chiese un incontro a Gates e Allen. Il resto è storia: la società dei due, la Microsoft, trascorrerà i decenni successivi a condurre operazioni ai limiti della legalità per sfruttare la propria posizione di vantaggio sul mercato. Per avere un’idea di quanti soldi ha oggi Bill Gates, consiglio questo video in cui lui cerca di indovinare quanto costano normali beni di consumo al supermercato.
Come la maggior parte degli imprenditori della tecnologia che figurano oggi regolarmente nelle liste di uomini più ricchi del mondo, Bill Gates ha potuto godere dei benefici della tendenza alla creatività e alla condivisione che da sempre caratterizza l’umanità. Chiunque abbia studiato l’Iliade e l’Odissea sa che si tratta di opere frutto dell’inventiva condivisa di moltissimi individui nel corso di secoli. La storia della creatività umana è storia di libero accesso alle creazioni altrui: non c’è biografia di artista che manchi di questo aspetto fondamentale, ma anche l’invenzione tecnica nasce dalla conoscenza di ciò che già esiste. Ciò non significa che il lavoro creativo non meriti di essere riconosciuto e ricompensato come tale; tuttavia, forse la protezione della creatività umana non andrebbe pensata in termini di proprietà, soprattutto quando ci sono delle vite in gioco.
Una volta ha studiato tre mesi in un’accademia militare in Austria.
Fa volontariato con gli adolescenti, che sono la terza cosa che le fa più paura in assoluto,
e quando si arrabbia scrive articoli per Grammelot.
La sua sanità mentale dipende dalle sorti del tardo capitalismo. Fortunatamente i suoi le pagano la terapia.