La paura dell’anno 2000

Nel Medioevo si credeva che il mondo sarebbe finito nell’anno 1000.

Questo è quello che pensavamo fino a qualche decennio fa.

La suggestione dell’idea di un nuovo millennio e di una cifra tonda che sembrava da sé carica di importanza hanno portato gli storici, nel corso dei secoli, a ricamare sempre più intorno alle cronache reali, creando e alimentando una narrativa distorta. È certamente vero che qualcuno avrebbe giurato che il giudizio universale sarebbe arrivato in data 01/01/1000, ma ormai sappiamo, grazie a studi più accurati ed approfonditi, che questa idea era molto meno diffusa di quanto potremmo aspettarci da un’epoca come il Medioevo, che ci piace considerare superstiziosa e ottusa, e molto meno gravida di conseguenze di quanto si è creduto. Sicuramente non è stata la paura della fine del mondo a portare alla stagnazione della civiltà alto medievale, né è stata l’emozione di aver visto una nuova alba quel fatidico primo gennaio a portare al risollevamento economico e culturale del quale l’XI secolo è stato effettivamente testimone.

I terrori dell’anno Mille sono quindi perlopiù un’invenzione successiva, nata dalle penne di studiosi affascinati dalla prospettiva di un mondo in sospeso, che ha trattenuto il fiato in attesa del dubbio sole di un nuovo millennio per poi prendere un respiro pieno di vita quando il sole è effettivamente sorto. Resta il fatto che prima del mille le cose non andavano benissimo e che l’XI secolo ha visto, in contrasto, una forte rinascita da diversi punti di vista.

Ora pieghiamo bene le ginocchia, accumuliamo le energie nelle gambe, diamoci uno slancio e facciamo un enorme balzo in avanti: atterriamo un po’ prima del 2000.

Be’, qui le cose stanno diversamente. Dopo le guerre mondiali la crescita sembra inarrestabile: le persone aumentano, i soldi aumentano, la tecnologia fa progressi alla velocità della luce. La seconda metà del ‘900 è impetuosa, ruggente: danza ad un ritmo vertiginoso, ebbra di successo e sconsiderata.

Si immaginano grandi cose per il futuro: pensiamo a  “Spazio 1999”, “2001: Odissea nello spazio” o “Blade Runner”. L’8 febbraio 1952 sul “Delta Democrat-Times” compariva un articolo di Henry C. Nicholas che intitolato: “Cheer up! World will be wonderful fifty years from now!” (“Rallegriamoci! Il mondo sarà meraviglioso tra cinquant’anni”). Sembra davvero così. Se nel 900 in pochi credevano davvero che il mondo sarebbe finito con il 1000, nel 1900 tutti credevano davvero che il 2000 avrebbe portato ancora più progresso, ancora più persone, ancora più soldi.

Facciamo un altro saltino, questa volta abbastanza piccolo, di una ventina d’anni: siamo nel 2022, ma da poco, giusto un paio di mesi.

Non so se ho voglia di tirare le somme per quanto riguarda il nuovo millennio. Però so che in vent’anni abbiamo vissuto almeno due importanti recessioni economiche. So che tra poco è il secondo compleanno della pandemia che ha stravolto l’esistenza di (quasi) ogni essere umano sulla terra. So che di viaggi spaziali si parla, questo sì, ma che francamente potremmo anche farne a meno. So che gli equilibri internazionali sono deboli e minacciano di crollare ogni volta che qualcuno decide di tirare la corda un po’ di più.

Anche questa volta ci dicono che la fine del mondo è imminente e anche questa volta non ci stiamo fermando. Però questa volta è vero.

Forse nel 1900 avevamo troppa speranza, troppa fiducia: forse ci avrebbe fatto bene un po’ di terrore dell’anno duemila. Forse ci farebbe bene trattenere un attimo il respiro.

Condividi l'articolo
FacebookTwitterWhatsAppFacebook Messenger
Torna su