Da un po’ di tempo a questa parte lavoro nella cucina di un ristorante. Nonostante le sue limitazioni e la sua ripetitività, mi sto trovando molto bene e mi ha dato tanto da pensare. Qui ci sono un po’ di considerazioni sparse elaborate nel corso degli ultimi mesi.
- C’è una certa affascinante circolarità nella routine. Non importa il numero di clienti, lo stress nel corso della serata e il lavoro non-stop: so che avrò comunque la mia pausa e che alle dieci la cucina chiuderà.
- Nessuna singola azione che compio è indispensabile o davvero utile, eppure è la combinazione di quei tanti piccoli gesti che determina il risultato finale. Per esempio, a volte mi hanno affidato compiti davvero insignificanti e un po’ stupidi, tipo trasferire dei cracker dalla loro mega confezione a delle vaschette più piccole. Mi sembrava di scavare buche per poi riempirle, invece a posteriori ho visto che tutto aveva un suo perché e che il mio lavoro è servito.
- Mentre le azioni del singolo sono facilmente sostituibili proprio perché elementari e io sono solo un paio di braccia in più, lo stesso non si può dire per quanto riguarda l’energia che quel singolo sprigiona. L’atteggiamento di un solo cameriere o cuoco può davvero rovinare l’atmosfera, o, al contrario, creare un ambiente piacevole.
- Dopo mille raccomandazioni sul non bruciarmi col forno, mi sono ovviamente bruciata col forno. È sempre rassicurante sapere che sì, tutto importante, il cibo, i clienti e bla bla bla, ma che comunque la sicurezza rimane sempre al primo posto. Sono solo io che sono maldestra.
- Grazie, Olanda, per avere un salario minimo, però puoi fare molto meglio. Differenziare il salario minimo a seconda dell’età è semplicemente ingiusto, e chi lavora a 16 anni impiega altrettanto tempo e risorse di chi ne ha 20 o 23. E io che pensavo di essere in un Paese avanzato.
- A quanto pare, la formalità è opzionale. Una busta paga olandese è esteticamente molto diversa da una italiana. Diciamo che sembra disegnata da e destinata a bambini delle elementari.
- Non avere nulla da fare è più stancante di tenersi occupati, ma è comunque meglio di essere troppo indaffarati.
- Ho preparato le nuvole di drago ed è assolutamente magico. Friggi dei cosettini dall’origine sconosciuta e, dopo un paio di secondi nell’olio bollente, puff, diventano nuvolette.
- Così come è magico il tornado che si forma dopo aver versato del ghiaccio su una piastra calda. Be’, è fisica, certamente, ma ne rimango comunque entusiasta ogni volta. Allego la GIF per mostrare questo capolavoro della natura:
- Nessuno mi ha mai fatta sentire sbagliata in quanto persona, nonostante tutti i casini combinati. Magari ho sbagliato a fare qualcosa, ma nessuno mi ha mai sminuita per questo.
- Assegnare ad ogni cosa il proprio posto non è soltanto utile da un punto di vista pratico e organizzativo, ma soprattutto a livello mentale. Questo però non significa che nella mia vita personale io sia diventata più ordinata.
- Quando mi tocca lavare i piatti, l’andamento della mia serata si può descrivere nel seguente modo: si inizia con un momento di sconforto alla vista di tutti i pentoloni e attrezzatura varia utilizzata per preparare sughi e via dicendo. Pian piano va via via migliorando, inizio a prendere il ritmo, lava-asciuga-metti via con regolarità. Inizia il mio personalissimo concerto fatto di musica italiana, rock e reggaeton. Quando penso che, sì, questa volta mi sono gestita bene e riesco a terminare tutto in tempo, arrivano diecimila stoviglie e robe sporche tutte insieme. Segue un’ora e mezza di panico, crisi esistenziale e voglia di dire basta a tutto. Ma quella pila di piatti non è infinita, e alla fine si torna a casa: il cerchio si chiude, almeno fino alla volta successiva. Che bella metafora della vita.
- Ho imparato che chi ha dodici anni di differenza ha lo stesso segno zodiacale secondo l’oroscopo cinese. Abbiamo due coppie intergenerazionali di nati sotto il segno del cavallo e del bue.
- Ci si abitua a tutto davvero rapidamente. A dicembre non riuscivo a immaginare la mia settimana-tipo senza il lavoro, e invece è arrivato il lockdown. A fine gennaio, quando è stato revocato, non avevo assolutamente voglia di ricominciare, invece in una settimana o poco più mi sembra tutto come prima.
- Stare dietro alla burocrazia e ai documenti e cercare di non farsi costantemente fregare è stressante, ma preferisco comunque farmi venire il sangue marcio a diciannove anni e per un lavoro che non mi è indispensabile piuttosto che commettere errori più grandi fra tre o quattro anni per qualcosa a cui tengo davvero.
- Avere una divisione dei ruoli ben definita è importante. Ci si aiuta a vicenda, se serve, ma sempre lasciando la centralità a chi si occupa di una determinata postazione. Nel bene e nel male, si hanno determinate responsabilità e ci si prende i meriti e le colpe di quello che si fa.
Vorrei poter concludere dicendo di aver finalmente imparato a twerkare, e invece ancora no. Sarà per la prossima birretta alla fine del turno.